Marino, che balle
Una lettera di Luca Sofri
l'Espresso, 2 aprile 1998
Gentile direttore,
pur colpito dalla frequenza con cui il suo giornale affida a cronisti impreparati
le vicende che riguardano la mia famiglia, e dà albergo a balle mille
volte smentite, non estenderò che a un solo nuovo esempio le molte
passate dimostrazioni di quel che dico.
Sul numero datato 26 marzo 1998 il giornalista Mario Scialoja intervista
ennesimamente Leonardo Marino porgendogli gli argomenti dello spettacolo
di Dario Fo; tra le altre risposte, di analoga fondatezza, leggo questa:
"Mi si accusa di aver riferito , in un primo tempo, che quando avevo
parlato con Sofri a Pisa era presente anche Pietrostefani. Poi, mi sarei
corretto dicendo che non c'era. La verità è che nel primo
racconto avevo riferito che a chiederemi di partecipare all'azione erano
stati Pietrostefani e Sofri: senza indicare che uno mi aveva parlato a Torino
e l'altro a Pisa."
Cito dall'interrogatorio di Marino davanti ai giudici Lombardi e Pomarici
del 29 luglio 1988: "mi ero recato a Pisa [] Ricordo perfettamente
che, dopo il comizio, mi appartai a parlare con Sofri e Pietrostefani".
Del resto, è da tempo inutile sostenere la falsità di Marino: questo e gli altri continui sbugiardamenti del suo racconto dimostrano piuttosto una sola imbattibile cosa. Che può dire, ascoltato, tutto quello che vuole.